Il territorio a nord di Lecce è storicamente una zona ad alto tasso di frequentazione fin dall’antichità. Da qui, in epoca romana, passava la strategica Via Traiana, prolungamento della famosa Via Appia, una vera e propria “autostrada” in basolato d’epoca classica, quella che partiva da Roma e giungeva a Brindisi, il porto per eccellenza dell’Impero Romano. Da qui, poi, si snodava il suo prolungamento, che conduceva a Lecce, per poi arrivare fino a Otranto.
A metà strada fra ogni centro abitato i viaggiatori incontravano stazioni di rifornimento e cambio di cavalli. Proprio nel cuore di questo territorio, a metà strada fra queste due grandi città romane, si estendeva l’immensa Foresta di Lecce, l’antico manto di querce che partiva da Oria e terminava appunto nella zona a nord di Lecce, di cui oggi sopravvive solo qualche albero in località Rauccio. Una terra molto ricca, produttiva, da sempre interessata e votata all’agricoltura e l’allevamento. Qui, fin dal Medioevo, lavorarono a pieno regime un gran numero di masserie, che rappresentavano il granaio di Lecce, e che esportavano i loro prodotti lungo le arterie citate, ma anche lungo un’altra strada carraia, in antichità nota come “dello Carro”, che partendo da questo insieme di centri produttivi, rasentava la costa a circa 2-3 chilometri, attraversava la foresta e correva parallelamente alla litoranea in direzione sud, verso Roca e Otranto.
Una di queste masserie, che purtroppo oggi non versa in buone condizioni, è Masseria Paladini Piccoli. Come quasi tutti gli insediamenti di questa zona, è stata costruita durante il 1500, almeno per quanto riguarda il nucleo originario, costituito da una massiccia torre a due piani, il cuore della Masseria.
Verso la metà del XVIII secolo apparteneva alla nobile famiglia dei Palmieri, Marchesi di Martignano, che aggiunsero sicuramente altri ambienti, ingrandirono i recinti, e dotarono la corte centrale di una bellissima scalinata monumentale, attraverso la quale si accedava al piano nobile.
Fino a pochi anni fa era ancora visibile lo stemma della famiglia, poi trafugato con l’abbandono della struttura. Faceva parte del Feudo di San Marco e il suo territorio era coltivato a seminativi e oliveto. Quando cessò il pericolo delle incursioni turche, questa masseria divenne senz’altro una residenza estiva per i Palmieri, che la dotarono di ogni comfort, persino di una torre colombaia, che era il segno distintivo della ricchezza raggiunta dall’insediamento e dell’importanza acquisita in tutto il territorio.