Gli studiosi del territorio e della storia salentina hanno catalogato le masserie costruite nel Salento a seconda dell’area geografica e delle caratteristiche strutturali. I complessi masserizi sono suddivisi in tre aree: leccese, neretina ed ugentina. L’area leccese comprende principalmente i territori comunali di Lecce, Surbo, Vernole, Melendugno e Otranto. In questa zona, sul versante Est della penisola salentina, le masserie sono disposte ad una distanza minima tra di loro e presentano elementi di fortificazione modesti. Può essere considerata a tutti gli effetti “il regno della pietra leccese”, la cui grana finissima, color giallo paglierino, offre mille possibilità architettoniche. A differenza di altri materiali, la pietra leccese consente infatti di realizzare sagome perfette, complesse scalanature ed effetti scenografici unici, a partire dalle balaustre affacciate sui cortili fino alle suggestive scalinate presenti in numerose masserie. Masseria Melcarne, costruita nell’agro di Surbo, è dunque inserita nell’area leccese.
L’area neretina, che si estende lungo il litorale ionico, da Gallipoli a Porto Cesareo, passando per Nardò, registra la massima concentrazione di masserie dell’intero Salento. Il cuore pulsante è rappresentato dall’Arneo, una terra caratterizzata da boscaglie e paludi, per questo ritenuta a lungo impervia e malsana, dunque difficile da difendere da eventuali attacchi nemici. In passato fu una zona caratterizzata dallo sfruttamento delle classi meno agiate da parte dei ricchi latifondisti. Le masserie del neretino sono imponenti e quasi tutte fortificate; essendo state concepite per la pastorizia, furono delimitate da recinzioni a secco per il ricovero degli animali.
Infine, qualche cenno sull’area ugentina, simile a quella precedente sul fronte degli elementi strutturali. Anche qui, sulla fascia più meridionale dello Ionio scivolando fino al Capo di Leuca, troviamo essenzialmente masserie fortificate, caratterizzate da maestosi torrioni. L’unica differenza è una concentrazione inferiore di insediamenti rurali.
La masseria, dal latino massa, ossia “insieme di fondi”, è un insediamento edilizio rurale tipico del XVI – XVII secolo, che ha rappresentato per lungo tempo il tipo di azienda (a carattere agricolo-pastorale) più diffuso in Puglia, diventando a pieno titolo espressione della cultura contadina locale.
Tra le principali definizioni delle masserie, troviamo quella di cellule autarchiche del sistema produttivo pugliese.
Al di là dell’aspetto agricolo, il fenomeno masserizio è legato, senza ombra di dubbio, ad unafunzione difensiva: dopo il 1480, in seguito al feroce assedio d’Otranto da parte dei Turchi, che seminarono terrore e morte, re Carlo V decise di rafforzare la costa adriatica e ionica attraverso una cintura di torri di avvistamento e difesa, imponendo il rafforzamento dei castelli e dei torrioni già esistenti, ovvero delle strutture militari edificate in precedenza dagli Angioini.
Successivamente, fu il vicerè Parafan De Ribera a ordinare la costruzione ex novo di torri marittime, a partire dal 1563, contro le invasioni e gli sbarchi armati. Il tutto rientrava in un piano più ampio di difesa dell’intero Sud della penisola italiana.
“Le torri – si legge nel volume di Cesare Daquino “Masserie del Salento”, pubblicato nel 1994 – costituiscono l’embrione di quasi tutte le masserie del Salento, ovvero il nucleo originario voluto da un’unica direzione organizzatrice, attorno al quale si sono gradualmente aggiunti gli addendi tipici delle masserie”. Da qui il concetto di “masseria fortificata”, una struttura costruita in piena campagna e isolata dai centri urbani, con l’intenzione di tutelare l’incolumità dei suoi abitanti, e pertanto sempre protetta da una massiccia recinzione… il luogo ideale in cui difendersi dai pirati, dai saraceni e dai briganti che imperversarono nel Meridione d’Italia.
Si può dunque affermare con certezza che la nascita di questi complessi rurali è legata al contesto socio-economico del Mezzogiorno. In ogni caso, le masserie furono realizzate tenendo conto di un certo gusto estetico ed architettonico, grazie alla maestria di artigiani e muratori che lavoravano la pietra, il carparo o il tufo. Al tempo stesso, si tratta di insediamenti costruiti in un’ottica di funzionalità, per rendere meno dura la vita tra i campi e quindi per alleggerire la fatica dei coloni, offrire soluzioni pratiche e garantire la massima fruibilità degli ambienti, in un perfetto equilibrio tra uomo e natura, tra il manufatto e il territorio.